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FUORI delle RIGHE

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BATTESIMO DI CONVERSIONE - Lc 3,1-6

Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’lturea e della Traconitide, e Lisania tetrarca dell’Abilene sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: "Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!". .


Nell’anno decimoquinto

Quando si cita una data è perché si vuole parlare di storia, così il vangelo di Luca, con la data, snocciola i nomi di chi detiene il potere in quel periodo, cita i confini del loro influsso politico per poi giungere al tempio di Gerusalemme dove i sommi sacerdoti esercitavano il potere religioso. È una cornice precisa in cui ci si aspetta sia calato l’evento di cui si vuol parlare. Dal vasto impero siamo stati condotti al centro sociale, culturale e politico di quel popolo che Dio aveva scelto, su quel monte di cui Isaia (25,7) aveva profetato: Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Invece Luca ci proietta altrove, nel luogo nel nulla e di nessuno, nel deserto dove la Parola di Dio fu indirizzata a Giovanni, figlio di Zaccaria. Il bersaglio che sembrava così ben delineato e descritto è invece una illusione ottica, il miraggio degli uomini i cui pensieri e le cui vie sono distanti da quelle di Dio (Cf Is 55,8-9).
C’è però da considerare che la descrizione che il vangelo ci trasmette di quel miraggio di poteri non è lì soltanto per dirci che le prospettive di Dio sono altre, ma per dirci che con quei poteri dobbiamo fare i conti. La Parola non svolazza nell’aria pronta per essere afferrata da chi sa elevarsi sopra la storia, anzi è in questa storia che la Parola scende, nella concretezza di una vita. Non scende su chi detiene il potere, ma in mezzo ad esso, senza esserne condizionato, là dove l’uomo fa deserto.


Voce di uno che grida nel deserto

La Parola diventa “voce”, posata nell’uomo assume la concretezza dei suoni, non resta relegata nella sfera dei pensieri, delle idee ma diventa vibrazione, non solo delle corde vocali, forte e intensa così da farsi grido, quanto vibrazione dell’anima e del cuore.
Giovanni Battista riceve, accoglie e fa sua quella Parola che in lui diventa imperativo gridato.
Il grido cerca un interlocutore, qualcuno che ascolti, trasuda abbandono, è in cerca di orecchie capaci di ascolto ma il grido di Giovanni trova solo il deserto. Se in Isaia (40,3) il deserto è il luogo dove preparare la via al Signore che si fa incontro al suo popolo, in quell’oracolo riportato da Luca il deserto è il luogo del grido e la via è del Signore come sono suoi i sentieri. L’immagine che ne ricaviamo è quella di una parola che è gettata nel deserto del non ascolto, la stessa immagine che nel prologo Giovanni ci trasmette dicendo che Parola fattasi carne Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto (Gv 1,11).
Forse sono troppe le grida che emergono dal cuore degli uomini, troppe le sofferenze che urlano per essere ascoltate tutte, forse l’uomo è troppo intento ad ascoltare se stesso che non ha tempo per gli altri. Forse non è in grado di leggere nel grido degli uomini lo stesso grido di Dio, è più facile passare oltre come il sacerdote e il levita della parabola (Lc 10,30-37). Mantenersi sulla sua via e nei suoi sentieri, con la propria croce sulle spalle (cf Lc 14,27).


un battesimo di conversione

La parola battesimo non viene tradotta, ma lasciata così come suona nella lingua greca; se volessimo tradurre dovremmo dire immersione di conversione. La Parola battesimo ci richiama immediatamente l’immagine dell’immersione nell’acqua, quasi un’azione di lavaggio che restituisce la pulizia col perdono dei peccati. Questione di un momento. A pensarci bene, però, quello che Giovanni predicava era proprio una immersione – oggi diremmo full immersion – nella conversione: uno stato di vita nuovo. Anche la descrizione delle azioni fanno immaginare lavori lunghi e impegnativi: entrare nella storia degli uomini tra burroni e montagne, asperità e voragini di ogni genere perché ogni cosa riceva una dimensione completamente nuova. Convertirsi significa avere le maniche rimboccate, le mani sporche come i servi laboriosi e svegli (cf Lc 12,37) che aspettano l’arrivo del Signore, ne immaginano il percorso e gli preparano la strada, così Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!